Crash sui mercati? L’opinione di Fabrizio Zampieri

Siamo stati abituati negli ultimi anni a vedere la Cina come una specie di immenso gigante che continuava ad avanzare, sempre più vicina agli standard europei per il Pil, sempre più lontana da quegli stessi standard per quanto riguarda concetti come il lavoro, la sicurezza, i diritti umani, l’ambiente e lo stile di vita. Una crescita che spesso ci ha sorpreso e alla base della quale abbiamo sempre dato per scontato uno sfruttamento sleale della manodopera a basso costo e l’uso di materiali spesso scadenti. Ma quello che non sappiamo è ben altro. Come conferma anche Fabrizio Zampieri economista Head of Finance Department di Eurocom Investment Dubai, in una sua video intervista, il sistema bancario cinese è saldamente in mano al governo e particolarmente chiuso verso gli investimenti stranieri, tanto che solo recentemente con la connessione tra le due Borse, quella di Shanghai e di Hong Kong, quest’ultima aperta all’Occidente, si è potuto sperare di oltrepassare questa cortina rossa.

I difetti di un credito figlio del potere

Al di là di ciò, c’è da sottolineare anche un altro elemento e cioè che questo stesso sistema bancario favorisce in gran parte le istituzioni locali (a loro volta fortemente corrotte).

Come è possibile allora che la Cina sia cresciuta durante questi anni? Solo commissioni dall’estero? Difficile poterlo credere. La realtà delle cose, invece, dimostra ben altro e cioè che i cinesi hanno deciso di organizzarsi diversamente e cioè con circuiti privati di credito parallelo i quali non hanno l’obbligo di sottostare alle regole bancarie “ufficiali”. Una realtà nascosta che solo ultimamente è arrivata agli onori della cronaca e cioè quando, insospettiti da un calo di produzione della ricchezza, gli occidentali hanno iniziato a chiedersi se questo potesse essere imputato solo alla gravissima crisi occidentale in generale ed europea nello specifico.

Gli squilibri di una società “antica”

Ecco allora emergere la verità e cioè un quadro preoccupante della situazione che vede dei gravissimi squilibri economici e politici all’interno della società cinese. Prima di tutto un sistema di credito incontrollato, favorito anche dall’immissione di liquidità sullo stile occidentale da parte della People’s Bank of China (PBOC) la quale in contemporanea ha deciso anche di allentare le condizioni di accesso al credito in una società che per forma mentale non ha avuto a che fare mai con una situazione di stampo occidentale e che perciò si è trovata impreparata. Risultato: un debito privato che nel giro di 4 anni è passato dal 104% del pil del 2008 al 134% del 2012. Cifra ancora gestibile? Forse, l’unico grave problema, il fatto che le cifre ufficiali non corrispondono a quelle reali. Il sospetto di molti analisti, infatti, è che la realtà veda oltre i 100 miliardi di dollari conteggiati, arenandosi a circa 20 volte oltre il limite e che, tradotto in cifre sfiora i 2mila miliardi di dollari, con la possibilità non certo remota, di vedere collassare su se stessa la seconda economia mondiale.

Con la sola differenza che, questo caso non ci sarebbe nessuna Federal Reserve a salvarla.